martedì 29 aprile 2014

E voi mangiate ancora cadaveri? - Francisco Sanz

Diciamoci la verità: basta far finta di non vedere. Di certo, sarà più difficile per chi ha la sfortuna di visitare un macello o di imbattersi, magari per caso, in un frammento di informazione sulle condizioni in cui viene tenuto il bestiame che portiamo in tavola. Noi riusciamo a sopportare la schiavitù degli «animali umani», chi volete che si preoccupi per quella di un vitello che non vota, non fa nulla per liberarsi e nemmeno riesce a protestare?
Come possano esserci così pochi vegetariani? È un mistero. La forza dell’abitudine, la scarsa sensibilità del pubblico in generale rispetto alla sofferenza degli animali, la poco radicata coscienza ecologica, la mancanza di voglia di cucinare, il gusto di divorare cadaveri, “carne cara data vermis”, carne cara data ai vermi, “ca -da-ver”, sarà che ci piace moltissimo comportarci come i vermi, e in più divorare animali torturati.
Indignarsi per la fame nel mondo o per le corride, per il consumo della carne di cane in Corea o per la strage di cuccioli di foca in Canada, e non visitare mai un macello o non conoscere le condizioni del bestiame nelle stalle e non sapere quello che le bestie mangiano…e poi continuare comunque a mangiare carne, è qualcosa che non quadra. Non possiamo vedere soffrire gli animali fino al punto da voltarci da un’altra parte. Ci fanno pena, poverini, così li mangiamo.
La verità è che le testimonianze che forniamo a proposito della sofferenza degli animali non umani sono risibili. Gli studiosi delle specie, come tutti i razzisti, guardano da un’altra parte, mostrano la loro faccia solo quando il problema li tocca da vicino. Allora cominciano a parlare di filiere, a chiedersi se anche i pesci soffrono e cose simili. Per portare gli ascoltatori divertiti dalla loro parte. Non parlano assolutamente delle condizioni delle aziende produttrici di uova e latte industrializzati. Vogliono vivere tranquilli. Ci mancherebbe altro!...

lunedì 28 aprile 2014

La rivoluzione della società cruelty free - Lorenzo Guadagnucci

La storia dell’oppressione animale è di lunga data, ma la relazione dei vari gruppi umani con gli altri animali è in continua evoluzione. Non è affatto statica come si vorrebbe far credere. Di certo, la violenza ha assunto scala industriale e un’organizzazione scientifica del dominio sui corpi e sulle vite delle vittime di questo sistema. Si calcola che ogni anno vengano «allevati» (agli animali definiti da allevamento sono negate tutte le attività vitali) o catturati e uccisi, per l’alimentazione umana, circa 50 miliardi di individui. Tutto avviene, almeno nei paesi occidentali, nell’indifferenza generale: gli animali sono ridotti ad oggetti, la vita è mercificata. Per questo dobbiamo avere il coraggio di ripensare i nostri rapporti con gli altri ospiti della Terra: gli animali e le piante. Una via d’uscita è possibile a passa attraverso una nuova e più estesa nozione di libertà e di rispetto per l’altro, attraverso un’idea di giustizia che includa tutto il vivente. Nello sguardo infelice degli animali che torturiamo dovremmo imparare a scorgere la sofferenza di tutti gli oppressi, umani e non. Di questo parliamo, quando pensiamo a una società cruelty free…

Il potere ha bisogno di noi - Francesco Gesualdi

A scuola ci hanno insegnato che la politica si fa nella cabina elettorale o, tutt’al più, nelle sedi di partito. Ma ci hanno ingannato. La politica si fa sempre, perfino quando stiamo zitti. A ben pensarci proprio il silenzio e l’indifferenza sono i comportamenti di maggiore rilevanza politica, perché il potere adotta la regola che chi tace acconsente. In effetti la maggioranza silenziosa è il suo più grande alleato.
Pochi si interrogano sulla natura del potere ed è diventato un luogo comune che il potere stia in piedi da solo. In realtà è sostenuto dal basso. La vera forza del potere si chiama consenso, che non si avvale solo del silenzio, ma anche dell’obbedienza. Non a caso cerca di allevarci in una scuola autoritaria, classista, concorrenziale. Per la stessa ragione tiene ben salde le redini dei giornali e delle televisioni, per darci una chiave di lettura della realtà che fa comodo a lui. E’ un fatto che il potere non può realizzare i suoi progetti da solo. Ha bisogno di noi, del nostro lavoro, del nostro consumo, del nostro risparmio, del nostro voto. Per questo tutti siamo responsabili dei crimini commessi dal potere. Ma la nostra responsabilità è solo una faccia della medaglia. L’altra è il nostro potere. Dal momento che il nostro lavoro, il nostro consumo, il nostro risparmio sono così importanti per la sopravvivenza del sistema, possiamo usarli per ricattarlo ed obbligarlo a comportamenti diversi...

domenica 27 aprile 2014

l'Alzheimer e il cane

"Un momento bellissimo all'interno di un percorso difficile". Così Lisa Abeyta descrive questa clip, nella quale il padre parla con il suo cane, Roscoe, giocandoci e accarezzandolo. L'uomo, come spiega l'autrice del video, soffre di Alzheimer allo stadio finale e ha perso quasi completamente la capacità di formulare delle frasi di senso compiuto, faticando nel trovare i termini giusti. Con il cane di sua figlia, che lo ha accolto quel giorno alla porta, le parole dell'anziano sembrano seguire un flusso più chiaro e ordinato. Motivo che ha spinto la donna a girare un video - e a montarlo grazie all'aiuto di suo figlio - per condividere questi attimi con la sua famiglia. I commenti positivi e le e-mail di chi vive una situazione simile, insieme ai ringraziamenti per aver pubblicato il video online, l'hanno rincuorata
(a cura di Eleonora Giovinazzo)
da qui

sabato 26 aprile 2014

Una scuola terra terra - Rosaria Gasparro

C’è un’emergenza educativa in atto di cui siamo – chi più chi meno – diversamente responsabili. Ci siamo persi la natura. E non solo a scuola. Scomparsa o relegata alle due ore di scienze, come conoscenza e studio di seconda mano. Abbiamo allontanato i nostri bambini dagli alberi, dai fiori, dagli animali, dal cielo, dalle nuvole, dalla pioggia…
“La natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio” diceva Maria Montessori.
Conosco un bambino che non ha mai visto il mare. Chi non è mai stato in montagna. Molti nella mia classe non hanno mai visto la neve. Alcuni non hanno mai visto un pulcino. Li conoscono senza averne fatto esperienza. Senza essersene bagnati. Senza averli tenuti tra le mani. Senza quel contatto intimo che si scrive per sempre nell’anima.
I nostri bambini sempre più protetti diventano sempre più artificiali. Non hanno più la terra sotto i piedi. Hanno paura di sporcarsi le scarpe di fango. E diventano allergici ai pollini e ai gatti. Lontani e separati dal verde, con la natura ristretta ai pochi elementi che resistono nei nostri percorsi urbani, ci ritroviamo – adulti e bambini – con l’anima rimpicciolita e non ce ne accorgiamo. “Il sentimento della natura – diceva ancora la Montessori – cresce come ogni altra cosa; e non è certo trasfuso da noi con qualche descrizione od esortazione fatta pedantescamente dinanzi ad un bimbo inerte e annoiato chiuso tra mura…”,
È in quel sentimento che si gioca il legame con la vita e la sua qualità. L’esplorazione, la curiosità, l’avventura, la fiducia. La poesia del mondo naturale e la sua bellezza. Perché natura è cultura. È scoperta delle relazioni che esistono tra gli elementi, e quindi è cura e rispetto. Ma, per prima cosa, per ogni bambino è gioia e incanto...


grazie a Franca per la segnalazione

giovedì 17 aprile 2014

bacche di Goji, le controindicazioni

Le bacche di Goji sono uno dei prodotti naturali più di moda negli ultimi anni. Abbiamo già parlato dei benefici di questi piccoli frutti rossi originari del Tibet che ora, vista l'ondata di consumatori che li richiede, vengono coltivati anche in Italia. Ma queste bacche sono davvero benefiche in tutti i casi?
La risposta è no, anche questi frutti possono avere delle controindicazioni che bisognerebbe conoscere per poter scegliere di acquistarli o meno con più consapevolezza.
Spesso si considerano i prodotti naturali in quanto tali privi di ogni tipo di effetto indesiderato ma proprio perché si tratta di prodotti efficaci non bisogna affatto sottovalutarli. E’ il caso anche delle bacche di Goji, energetiche, antiossidanti e considerate un prodotto sicuro dall’Istituto Europeo Per La Sicurezza Alimentare. Ci sono però dei casi in cui è meglio evitarle, eccoli:

martedì 15 aprile 2014

riempire gli arsenali

Il graduale ritiro degli Stati Uniti dagli scenari di conflitto come l'Iraq e l'Afghanistan conferma una inversione di tendenza nelle spese militari globali, che pure continuano a crescere nei Paesi che si stanno imponendo strategicamente sul panorama internazionale. Da una parte, è vero, la prima potenza mondiale ha tagliato le risorse destinate a guerra e affini del 7,8% nel 2013. Ma tutto il resto del mondo, come negli altri comparti economici, ha accelerato: Cina, Russia e Arabia Saudita, i tre maggiori "spender" dopo gli Usa, hanno tutti fatto segnare "incrementi significativi", con l'Arabia che ha appunto superato Regno Unito, Giappone e Francia diventanto la quarta potenza al mondo per valore delle spese militari. I tre in progresso fanno parte dei 23 Paesi che hanno più che raddoppiato il budget militare dal 2004 ad oggi,,,
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lunedì 14 aprile 2014

Ode al pane – Pablo Neruda

Del mare e della terra faremo pane,
coltiveremo a grano la terra e i pianeti,
il pane di ogni bocca,
di ogni uomo,
ogni giorno
arriverà perché andammo a seminarlo
e a produrlo non per un uomo
ma per tutti,
il pane, il pane
per tutti i popoli
e con esso ciò che ha
forma e sapore di pane
divideremo:
la terra,
la bellezza,
l’amore,
tutto questo ha sapore di pane.
Pablo Neruda

Oda al pan (Versión completa)
Pablo Neruda

Pan,
con harina,
agua
y fuego
te levantas.
espeso y leve,
recostado y redondo,
repites el vientre
de la madre,
equinoccial
germinación
terrestre.
Pan,
qué fácil
y qué profundo eres:
en la bandeja blanca
de la panadería
se alargan tus hileras
como utensilios, platos
o papeles,
y de pronto,
la ola
de la vida,
la conjunción del germen
y del fuego,
creces, creces
de pronto
como
cintura, boca, senos,
colinas de la tierra,
vidas,
sube el calor, te inunda
la plenitud, el viento
de la fecundidad,
y entonces
se inmoviliza tu color de oro,
y cuando se preñaron
tus pequeños vientres,
la cicatriz morena
dejó su quemadura
en todo tu dorado
sistema de hemisferios.
Ahora,
intacto,
eres
acción de hombre,
milagro repetido,
voluntad de la vida.
Oh pan de cada boca,
no
te imploraremos,
los hombres
no somos 
mendigos
de vagos dioses
o de ángeles oscuros:
del mar y de la tierra
haremos pan,
plantaremos de trigo
la tierra y los planetas,
el pan de cada boca,
de cada hombre,
en cada día,
llegará porque fuimos
a sembrarlo
y a hacerlo,
no para un hombre sino
para todos,
el pan, el pan
para todos los pueblos
y con él lo que tiene
forma y sabor de pan
repartiremos:
la tierra,
la belleza,
el amor,
todo eso
tiene sabor de pan,
forma de pan,
germinación de harina,
todo
nació para ser compartido,
para ser entregado,
para multiplicarse.
Por eso, pan,
si huyes
de la casa del hombre,
si te ocultan,
te niegan,
si el avaro
te prostituye,
si el rico
te acapara,
si el trigo
no busca surco y tierra,
pan, 
no rezaremos,
pan,
no mendigaremos,
lucharemos por ti con otros hombres,
con todos los hambrientos,
por todos los ríos y el aire
iremos a buscarte,
toda la tierra la repartiremos
para que tú germines,
y con nosotros
avanzará la tierra:
el agua, el fuego, el hombre
lucharán con nosotros.
iremos coronados
con espigas,
conquistando 
tierra y pan para todos,
y entonces
también la vida
tendrá forma de pan,
será simple y profunda,
innumerable y pura.
Todos los seres 
tendrán derecho
a la tierra y a la vida,
y así será el pan de mañana,
el pan de cada boca,
sagrado,
consagrado,
porque será el producto
de la más larga y dura
lucha humana.
No tiene alas
la victoria terrestre:
tiene pan en sus hombros,
y vuela valerosa
liberando la tierra
como una panadera
conducida en el viento.

da qui

venerdì 11 aprile 2014

Teresa Fantasia, da Bantine all’Argentina

«Il giorno che andammo via mi è rimasto impresso, avevo un nodo al cuore; zia Maddalena mi teneva tra le braccia, il camion si è fermato e siamo scesi per mangiare i frutti del bosco per l’ultima volta, quasi a portarci dietro i sapori a noi familiari». Chi parla è una donna, allora bambina di sette anni, mai partita del tutto dalla sua Pattada di cui conserva un ricordo nitido, alimentato dalla memoria e dal vento impetuoso delle parole in limba che usa di frequente, nonostante viva da sessantacinque anni a oltre tredicimila chilometri di distanza. «Per moltissimo tempo ho fatto un sogno nel quale mi vedevo, sempre piccola, mentre salivo la gradinata in pietra che portava a casa e dove ho vissuto la mia prima pizzinnìa».
Teresa Fantasia, classe 1941, è in Argentina dal 1948, esattamente dal 31 dicembre. La fine di un anno che simboleggiava anche l’abbandono definitivo delle macerie della vita precedente in una Sardegna devastata dalla Guerra Mondiale e l’inizio di un capitolo nuovo, dall’altra parte del mondo. Famiglia di pionieri, la sua, per necessità: il padre, Giovanni Fantasia, voleva garantire il pane alla moglie Maria Antonia “Toietta” Zazzu di Bantine e agli otto figli.
Ma il suo mestiere di calzolaio non andava e Nanneddu, rientrato da poco dal servizio militare a La Maddalena, prova a reinventarsi minatore a Carbonia: senza successo. «Mio padre e mie zii non si erano rassegnati a quelle condizioni durissime e sono rientrati delusi a bidda – dice Teresa ricorrendo a uno dei tanti termini sardi che punteggiano il suo racconto – e allora mia nonna materna ha proposto a tutti di partire per l’Argentina dove c’era già un figlio, zio Barore. E’ stata la prima ad andare via assieme a zio Gaspare, poi tutti quanti noi e zio Antoni con la moglie e due figli piccoli».

In mezzo, un viaggio epico con il porto di Genova come prima tappa: «Siamo rimasti ad attendere la nave Santa Cruz per due giorni. Babbo doveva dormire assieme a tanti uomini estranei, separato dalla famiglia, mentre mamma e le altre donne stavano con i bambini in cabine immense. Ci si ritrovava per la colazione»…
continua qui

martedì 8 aprile 2014

“Nurnet” per tutti, mappa georeferenziata di nuraghi, domus de janas, villaggi, pozzi sacri

…“Il progetto è stato finora realizzato grazie all’impegno, a titolo gratuito, di Crs4 e Nurnet – racconta Antonello Gregorini, presidente della fondazione – Un mecenate cagliaritano, Luca Murgianu, ha inoltre anticipato il canone di locazione provvisorio di un server che, attualmente, risiede in America. Abbiamo quindi caricato i dati del geo server contenenti le coperture provenienti da wikimapia e dall’archivio della Regione Sardegna. Questi dati non erano allineati né spazialmente né come organizzazione dei metadati alfanumerici e delle tabelle descrittive ed è stato quindi necessario lavorare su questi dati. Stiamo progettando le icone delle singole categorie tipologiche di cui abbiamo già stilato le tabelle”.
Il geoportale, al momento in versione beta, permette l’accesso via web al patrimonio culturale nuragico e prenuragico della Sardegna, consente di consultare e modificare i dati presenti e di inserirne di nuovi in un’ottica di open data, ossia di dati liberamente accessibili a tutti privi di brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione. La tecnologia utilizzata è principalmente quella del GIS  (Geographic Information Systems) partecipativo in cui gli utenti vengono coinvolti nella generazione e gestione delle informazioni relative ai siti archeologici.
“Contiamo di poter offrire servizi indotti al territorio – conclude Gregorini – attraverso un sistema delle adozioni dei monumenti antichi, e con la generazione di nuclei territoriali di accoglienza per visitatori archeo- appassionati. Il futuro del geoportale che sul piano tecnico è realtà dipende dai fondi che riusciremo a far confluire sul progetto. Questo è un lavoro di grado istituzionale che meriterebbe maggiore attenzione da parte di quelle istituzioni che sino oggi hanno trascurato queste linee della filiera culturale turistica”.


qui il sito

sabato 5 aprile 2014

I “poveri” villeggianti - Gruppo d'Intervento Giuridico

La disoccupazione nel mese di febbraio 2014 ha superato il 13% della popolazione in età lavorativa (15-64 anni), più di 3,3 milioni di italiani, record dal 1977.
Ma a loro non importa.
Quella giovanile (15-24 anni) è pari al 42,4%, oltre 690 mila giovani italiani.
Ma a loro non interessa.
I ricchi sono sempre più ricchi, mentre crolla la capacità d’acquisto del 90% degli italiani.
Questo, invece, a loro può interessare.
Sta emergendo, infatti, da un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania, guidata da Domenico Fiordalisi, che circa 2.500 lussuose ville sulla costa gallurese siano intestate a una miriade di società registrate in paradisi fiscali, ma sistematicamente vengano utilizzate da poveri ricchi ufficialmente poco abbienti.
Sarebbe ora che questi pagassero le tasse per i loro effettivi redditi, pagassero le sanzioniper le eventuali violazioni tributarie, subissero le conseguenze penali in caso di eventuali commissioni di reati.
Un po’ di sana giustizia non farebbe male.

martedì 1 aprile 2014

Oggi siamo tutti agricoltori – Una storia di accaparramento di terra - Silvia Passetti, Cèdric Hevraud

L’agricoltore può assaporare l’aroma della terra, mentre cammina nel campo. Sono le quattro del mattino.  Il raccolto danza nel vento e così il suo fragile futuro. Questo agricoltore locale conosce come rendere fertile il suo campo e condivide con esso un forte legame.
Lavora in un’organizzazione no profit, il centro per lo sviluppo rurale di Kishantos in Ungheria che porta avanti insieme agricoltura biologica ed educazione.  Il centro è stato fondato vent’anni fa dagli sforzi congiunti del Governo Ungherese e di quello Tedesco.  Da allora ogni anno ha educato centinaia di agricoltori all’agricoltura sostenibile. Il centro comprende due parti: la Folk High School Centre e 452 ettari fattoria biologica. La sua missione principale è quella di diffondere i principi della sostenibilità in ecologia e della democrazia.
Fondata dagli agricoltori locali nel 1998 quest’iniziativa di base si era aggiudicata un contratto valido fino all’ottobre del 2013. Piuttosto che rinnovarlo, il Fondo terra ungherese (che rappresenta lo Stato come proprietario) ha emesso un bando di gara per l’affitto delle terre in dieci lotti. Il Centro di Sviluppo Rurale ha presentato 10 domande, ma non ha ottenuto un centimetro quadrato di terra.
Kishantos rischiava di perdere la sua terra e il certificato di agricoltura biologica Suisse. Questo avrebbe significato la fine del centro, dove per vent’anni la terra non era stata trattata con agenti chimici o fertilizzanti.  La comunità locale ha reagito e lanciato una campagna per fermare l’operazione di acquisizione di terreno. “Salva Kishantos”, lo slogan della campagna diffuso su Internet. Róbert Fidrich coordinatore di  “Friends of the Earth Hungary ha raccontato , “tanti attivisti sono venuti a dimostrare il loro supporto… L’associazione ha rifiutato di dare la terra allo Stato e due settimane dopo il Centro per lo sviluppo rurale ha ottenuto la protezione istituzionale, è stata una grande vittoria per noi”.
Storie con il lieto fine, quindi, esistono.
L’Ungheria ha terre fertili e a buon mercato, come molti Stati dell’Est – due aspetti che nel passato hanno reso questo Stato molto attraente nei confronti degli investitori stranieri. Secondo la relazione intitolata “Land Grabbing, Land Concentration and People’s Struggles in Europe” pubblicata nel giugno 2013 dal Movimento internazionale degli agricoltori Via Campesina negli anni novanta il prezzo di un ettaro di terra in Ungheria era 100 volte meno che in Austria.
Casi di land grabbing o concentrazione della terra accadono anche nel Sud dell’Europa dove le maggiori forzi direttrice sono gli investimenti in energie rinnovabili.
Suolo e vento sono risorse chiave in questo tipo di economia.
Archeologi ad esempio stanno protestando contro un piano di costruzione di un gigantesco impianto eolico a Creta…
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