lunedì 8 gennaio 2018

Giornalisti a senso unico sui progetti di centrali solari termodinamiche in Sardegna - GRIG



Due-parole-due su due articoli smaccatamente a favore dei progetti di centrali solari fotovoltaiche promossi in Sardegna dal Gruppo Angelantoni e dalla San Quirico Solar Power s.r.l.
Si tratta di Energia dal sole: il governo boccia la centrale sarda (Il Sole 24 Ore, 27 dicembre 2017) di Jacopo Giliberto, già portavoce dell’allora Ministro dell’ambiente Corrado Clini, e di Solare termodinamico contestato in Sardegna (2050, blog di La Repubblica, 28 novembre 2017) di Valerio Gualerzi.
Ambedue si occupano prevalentemente di tematiche ambientali ed energetiche e, da giornalisti, ci si aspetterebbe che rispondessero nei loro articoli alle famose domande Chi? Come? Dove? Quando? E perché?
Invece, dicono e omettono quello che a loro pare opportuno per sostenere la loro tesi.
In pratica, chi si oppone a quei progetti di centrali solari termodinamiche è quantomeno uno scellerato, anche quando l’impianto è connesso a una centrale a biomassa (che di solare ha ben poco).
Visto che fra le associazioni, i comitati, le amministrazioni pubbliche che motivatamente si sono espressi contro questi progetti non è stato dato trovare scellerati, nè farabutti, né psicolabili e nemmeno persone in conflitto d’interessi (ma guarda un po’), facciamo solo un paio di considerazioni:
1) il dato fondamentale della “fotografia” del sistema di produzione energetica sardo è che oltre il 46% dell’energia prodotta “non serve” all’Isola e viene esportato (dati PEARS, 2016).         Qualsiasi nuova produzione energetica non sostitutiva di fonte già esistente (p. es. termoelettrica) può esser solo destinata all’esportazione verso la Penisola e verso la Corsica: oltre i collegamenti esistenti (SaPeI, capacità 1.000 MW, e SaCoI, SarCo, Corsica, capacità 300 MW + 100 MW) non si può andare.  E già ora non si può andare oltre. Visto che la realizzazione di impianti da fonte rinnovabile non comporta la sostituzione automatica degli impianti “tradizionali” (anzi), visto che attualmente non la si può immagazzinare, dell’energia prodotta in eccesso che ne facciamo?      E’ pura speculazione per ottenere incentivi pubblici e certificati verdi o no?
2) per quale cavolo di motivo questi progetti di impianti industriali non sono stati proposti in aree industriali, attualmente ampiamente disponibili in Sardegna, già infrastrutturate e senza ulteriore consumo di suolo?    Si facciano ‘sta domanda, accertino e si diano una risposta;
3) anziché prendere per oro colato l’affermazione di parte industriale secondo cui “sotto gli specchi sarebbero continuate le attività di pascolo e di agricoltura tradizionale”, perché non han dato una sbirciatina alla considerevole mole di pareri di parte pubblica e degli agricoltori che lì vivono e operano, che escludono questo preteso e inesistente connubio virtuoso?    I terreni delle aziende agricole recalcitranti sarebbero espropriati: dovrebbero tutti tacere?
Un po’ di obiettività non guasta, anche da parte dei giornalisti.

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