martedì 11 aprile 2017

PAESI, AREE INTERNE E SPOPOLAMENTO - Emiliano Deiana



PAESI, AREE INTERNE E SPOPOLAMENTO 
In Sardegna, in questi mesi, si è rinforzato il dibattito sui paesi, sulle aree interne e sullo spopolamento.
Se ne parla sui quotidiani, sulle televisioni, sui Social Network; ne parlano i sindaci, gli amministratori, gli intellettuali, gli artisti, gli architetti, gli economisti, i sociologi, gli antropologi. Anche la Giunta Regionale ha aperto, non senza ritardi, degli spiragli di ragionamento e ha esplicitato la volontà di invertire radicalmente la direzione di marcia delle politiche regionali: vedremo se alle parole seguiranno fatti e atti conseguenti.
Tutto questo "parlare" non è stato inutile; non è stato un esercizio di stile, la messa in scena di buone intenzioni e migliori sentimenti.
Tutto questo "parlare" ha fatto crescere la consapevolezza (e l'autoconsapevolezza nelle comunità) del dramma sociale, umano, storico, politico e culturale che vive la Sardegna. Un dramma che se non vi si pone rimedio farà precipitare la nostra terra in un evo di difficile comprensione e di ancor più difficile interpretazione. 
Lo spopolamento non è un fatto ineluttabile; è, semmai, il prodotto di scelte politiche precise che, se guardate con una certa freddezza e distacco, si potrebbero pure definire scientifiche. Con una certa dose di livida freddezza si sono abbandonate le aree rurali della Sardegna al loro destino fatto di denatalità, invecchiamento della popolazione, disoccupazione, emigrazione, depauperamento dei servizi pubblici essenziali: se Stato e Regione avessero speso un decimo dei fondi destinati alle fallimentari politiche industriali per i paesi avremmo di sicuro costruito una Sardegna più giusta, più umana, più autentica.
Se da un lato amministratori locali, intellettuali, scrittori, poeti, artisti hanno fatto sentire la loro voce questa voce si è scontrata col muro di silenzio dei partiti politici incapaci di interpretare il sentimento diffuso che in Sardegna - sul tema - sta germogliando. Un sentimento, una consapevolezza che sta crescendo come una "matrica", un lievito benefico che fa dire - in luogo della lamentazione - che i paesi, le aree interne della Sardegna, i margini, le periferie (a dispetto della "politique politicienne") ce la faranno, ce la faranno a sopravvivere all'incuria, all'abbandono, alla dimenticanza, all'arroganza di certo, decrepito, potere.
Serve, per questo, una politica commossa per i paesi e per le aree interne; di più: serve una politica che si emoziona ai paesi e che costruisce alleanze fra le 377 comunità della Sardegna; una politica che favorisce l'alleanza fra le periferie rurali e le periferie urbane: i luoghi, cioè, dove si annidano oggi le nuove e le vecchie povertà. 
Tutte le politiche di contrasto allo spopolamento sono, per definizione, politiche sperimentali. Non c'è nessuno - si diffidi sommamente di chi dichiara di avere la "ricetta" giusta - che abbia in tasca "la" soluzione.
Occorre, a mio avviso, una comprensione unitaria del fenomeno e servono soluzioni diversificate anche sui diversi territori: ciò che va bene in Gallura potrebbe non andar bene nel Goceano e viceversa.
Non c'è una sola medicina da inoculare alle comunità più deboli: non bastano i soli servizi pubblici locali, ma è fondamentale non disperderli o riguadagnarli: scuole, ospedali, trasporti, sicurezza pubblica; non è sufficiente solo una politica dell'accoglienza dei migranti, ma migranti possono rappresentare un elemento di crescita per le comunità; non bastano le politiche di contrasto alla denatalità, ma senza bambini non c'è futuro; la zona franca integrale forse non è un obiettivo perseguibile, ma studiare nelle aree più deboli delle zone franche rurali è fattibile e necessario per creare nuova occupazione e nuove imprese.
Le politiche di contrasto allo spopolamento devono utilizzare la tecnica del mosaico: ogni tessera al suo posto, ma al servizio di un disegno complessivo: condiviso e democratico.
Tuttavia, per comporre il mosaico, serve un nuovo umanesimo; un umanesimo che si commuove a salvare un paese, a salvare una comunità perché salvando un paese si sta salvando un pezzo fondamentale di Sardegna.
Per combattere lo spopolamento non serve una politica sifilitica, senza sentimenti, senza valori umani riconoscibili, elitaria, accucciata in attesa della prossima tornata elettorale, rannicchiata in posizione fetale. Serve una politica che si connette - anche sentimentalmente - col popolo e diviene forza di popolo perché sta dentro le comunità e le vive. Ne vive i drammi e le gioie e dice, con speranza, che i paesi non sono il passato della Sardegna, ma saranno il futuro. Un futuro da sperimentare adesso. Prima che sia davvero troppo tardi.

Emiliano Deiana ~ Sindaco di Bortigiadas e Presidente di Anci Sardegna

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