sabato 17 settembre 2016

la vedetta antincendio - Fiorenzo Caterini

La vedetta antincendio in Sardegna merita la dedica di un articolo tutto per lei, per un motivo molto semplice: perché rischia l’estinzione.
Anni fa, la Regione Sardegna, punta da quella che l’antropologo Placido Cherchi, nel corso di un convegno sugli incendi in Sardegna, nei primi anni del 2000, definì la sindrome di Talos, l’automa di bronzo dell’antica Creta, simbolo della sudditanza psicologica nei confronti della tecnologia, acquistò un costosissimo apparato di telerilevamento degli incendi, con l’ipotesi di sostituire la vedetta “umana”.
Poco tempo dopo la stessa Regione, dopo il collaudo del Corpo Forestale, ricusò quel costosissimo appalto con la motivazione di una scarsa efficienza. La questione finì in una lunga causa giudiziaria non ancora definita e ancora oggi, di tanto in tanto, l’eco di quella contesa rimbalza nei media, con sospetti adombrati di chissà quali interessi politici, con richiami alla famigerata “industria del fuoco”, come se essa potesse essere alimentata dal lavoro dato a qualche vedetta piuttosto che dall’acquisto di apparecchi che costano un occhio della testa.
Ma una cosa, da addetto ai lavori, a prescindere dall’esito di quella causa giudiziaria, me la sento di dire a prescindere.
Che la vedetta “umana”, almeno per il momento, è insostituibile. E credo che lo sarà per molto tempo ancora.
Le vedette sono nella maggioranza operai dell’Ente Foreste (ora Forestas) scelti per la loro conoscenza del territorio. Conoscono ogni località, ogni casolare, strade, terreni, corsi d’acqua, coste, montagne e asperità, nonché i loro riferimenti topografici.
Un giorno la vedetta avvistò del fumo. Mentre la pattuglia si recava sul posto, la vedetta forniva informazioni sull’andamento di quello che stava diventando un vero e proprio incendio. Dal colore si poteva risalire al tipo di vegetazione bruciata, dall’inclinazione della colonna di fumo si poteva prevedere il comportamento che l’incendio stava prendendo, sulla base dei diversi fattori predisponenti, la morfologia del territorio, la tipologia della vegetazione, l’insolazione, il vento.
La pattuglia a tutta velocità, da lontano, vedeva la colonna del fumo che stava crescendo, ma non sapeva quali strade prendere. La vedetta allora gli indicò la strada poderale più breve. La pattuglia trovò la strada sbarrata da un pesante cancello, come si usa in Gallura per non far scappare il bestiame. La chiave del lucchetto, spiegò la vedetta, ziu Antoni la mette sotto la pietra che c’è li vicino.
Ora ditemi quali sistemi elettronici di rilevamento possano sostituire un servizio simile.
Purtroppo l’elemento umano, nella nostra civiltà sempre più virtuale e sempre più dominata dalla tecnologia, sta perdendo valore.
Assumere vedette brave nel loro mestiere “alimenta” il clientelismo e l’industria del fuoco.
Costosissimi, quanto inutili apparati tecnologici, invece no.
Ed infatti le vedette storiche dell’antincendio, quelle che ti sapevano dire che ziu Antoni, in quella data ora, era allo stazzo governando il bestiame e ti poteva dare una mano, un attrezzo, una bottiglia di acqua fresca, una dietro l’altra se ne stanno andando in pensione, e non vengono rimpiazzate perché, si sa, assumere gente costa soldi, e c’è la crisi.
E su focu andendi.
PS: secondo autorevoli fonti interne al CFVA, si precisa che il collaudo del costoso sistema è risultato negativo e la Regione non lo ha preso in carico.

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