mercoledì 22 ottobre 2014

Rottama Italia

Un'operazione editoriale unica: un istant book gratuito nel quale 16 autorevoli firme smontano pezzo per pezzo il decreto Sblocca-Italia elaborato dal governo di Matteo Renzi (per leggerlo si può andare sul sito della Gazzetta Ufficiale).

Ellekappa, Altan, Tomaso Montanari, Pietro Raitano, Giannelli, Mauro Biani, Paolo Maddalena, Giovanni Losavio, Massimo Bray, Maramotti, Edoardo Salzano, Bucchi, Paolo Berdini, Vezio De Lucia, Riverso, Salvatore Settis, Beduschi, Vincino, Luca Martinelli, Anna Donati, Franzaroli, Maria Pia Guermandi, Vauro, Pietro Dommarco, Domenico Finiguerra, Giuliano, Anna Maria Bianchi, Antonello Caporale, Staino, Carlo Petrini: un elenco importante e inedito per ribadire i valori della tutela del territorio, della legalità e della visione di un futuro sostenibile.
È stato Sergio Staino a pensare per primo a questo libro. Tutti gli autori (dei testi e delle vignette) e l’editore hanno lavorato gratuitamente. 

Ecco l'introduzione, scritta dal curatore del volume, il professor Tomaso Montanari:

Perché vogliamo che l’Italia cambi verso. Ma davvero. 
Vogliamo un Paese moderno. E cioè un Paese che guardi avanti. Un Paese che sappia distinguere tra cemento e futuro. E scelga il futuro.
Vogliamo un Paese in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l’interesse di pochi. Un Paese in cui lo sviluppo sia ciò che innalza -e non ciò che distrugge- la qualità della nostra vita. 
Un Paese che cresca, e non un Paese che divori se stesso.
Un Paese capace di attuare il progetto della sua Costituzione. Una Costituzione che da troppo tempo “è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere”, una Costituzione in cui “è scritta a chiare lettere la condanna dell’ordinamento sociale in cui viviamo” (Piero Calamandrei).
Il decreto Sblocca-Italia è, invece, un doppio salto mortale all’indietro. Un terribile ritorno a un passato che speravamo di aver lasciato per sempre. Un passato in cui “sviluppo” era uguale a “cemento”. In cui per “fare” era necessario violare la legge, o aggirarla. In cui i diritti fondamentali delle persone (come la salute) erano considerati ostacoli superabili, e non obiettivi da raggiungere. 

Giuseppe Dossetti avrebbe voluto che nella Costituzione ci fosse questo articolo: “La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino”. 

La prima, e più importante, resistenza allo Sblocca Italia passa attraverso la conoscenza, l’informazione, la possibilità di farsi un’opinione e di farla valere. Discutendone nelle piazze e nei teatri, nelle televisioni e alla radio. Richiamando al progetto della Costituzione i nostri rappresentanti in Parlamento. E, se necessario, anche ricorrendo al referendum: se -alla fine e nonostante tutto- questo sciagurato decreto Rottama Italia diventerà legge dello Stato.
Perché non siamo contro lo Sblocca Italia. Siamo per l’Italia.

giovedì 16 ottobre 2014

La rivolta al mercato del contadino - Marco Appiotti

Sabato mattina (12 ottobre) al “Mercato del Contadino” di Reggio Emilia è successo qualcosa fuori dall’ordinario. Uno spontaneo e deciso atto di solidarietà di chi faceva la spesa – che in molti ancora si ostinano a chiamare consumatori – nei confronti dei piccoli produttori locali che ogni settimana animano il mercato istituito dal comune dal 2009.

I fatti
Alcuni ispettori della locale Ausl si presentano nell’affollata piazza Fontanesi dove si svolge il mercato per effettuare i controlli sul rispetto delle norme igienico-sanitarie. Appellandosi a una direttiva che vieta il normale porzionamento di formaggi e salumi (ma anche il taglio delle verdure) e che prescrive la vendita solo di confezionato, sequestrano diversi prodotti e rilasciano alcuni verbali. Era già successo che fossero state rilevate infrazioni e comminate sanzioni per altri motivi senza che nulla accadesse. Ma stavolta gli acquirenti quando capiscono la situazione prendono le difese dei produttori, alzano la voce e in pratica obbligano i funzionari ad allontanarsi.

La Circolare
Il divieto entrato in vigore da meno di un mese è parte di una circolare concordata con le associazioni di categoria che i produttori (in special modo gli allevatori e i pastori) ritengono iniqua, per la complicazione di gestione, per i costi del confezionamento e per la produzione di packaging superfluo. Ma soprattutto perchè significherebbe essere assimilati ai banchi a libero servizio eliminando così uno dei motivi per cui questo tipi di mercato sono stati istituiti: la relazione diretta produttore-acquirente fatta di assaggi, porzionamenti a richiesta, ma anche la semplice esperienza olfattiva.
Tobia è un pastore dell’appennino che ogni sabato “scende” in piazza per vendere yogurt e formaggi di pecora di propria produzione: “Mi preme sottolineare che lavoro non solo con passione, ma nel pieno rispetto delle normative sia in azienda, sia per il trasporto, sia al mercato“ dice. L’adeguamento, per lui e a per altri produttori, ha avuto costi che si misurano in migliaia di euro. Ma se “è giusto far le cose in regola, per la tutela di chi mangia il mio formaggio e per la mia azienda” è inaccettabile che siano imposte regolamentazioni “che di fatto ostacolano inevitabilmente la vendita, pur sapendo di seguire le disposizioni previste per negozi e supermercati – aggiunge – Sono un piccole imprenditore, ho sempre cercato un rapporto costruttivo con le amministrazioni e le Ausl e cercherò il dialogo anche questa volta, ma lotterò perchè il divieto venga rimosso” conclude Tobia. E intanto propone un incontro durante il prossimo mercato per informare i cittadini sulle buone pratiche che lui e altri vogliono continuare a seguire.

La reazione
L’accaduto viene rilanciato sulla pagina Facebook del Distretto di Economia Solidale di Reggio Emilia – impegnato da un poco più di un anno nella non facile costruzione di una rete di economie rispettose del territorio e delle persone coinvolte – e più tardi dai media locali. Lo sdegno e la solidarietà per i produttori, già manifestata al mercato, non tarda a farsi sentire anche online. Segno questo, al di là di toni polemici in alcuni casi eccessivi, di una consapevolezza diffusa riguardo al valore delle piccole produzioni alimentari locali. Tra i commenti più creativi qualcuno propone di raccontare le storie dei produttori, altri di munirsi di dichiarazione per accollarsi la responsabilità dell’acquisto porzionato.

Le persone
Al di là del caso reggiano sembra evidente un certo smarrimento del legislatore (italiano ma anche europeo) nell’interpretazione dell’attuale complessità: dietro lo scudo della “tutela dei consumatori” le regolamentazioni vengono uniformate, senza la capacità di distinguo necessari a favorire il moltiplicarsi di microimprese di qualità e la relativa redistribuzione del reddito. E senza prendere in considerazione una grande risorsa: le persone.Ipotesi che rimanda a una grande sfida, cioè la possibilità di intraprendere percorsi partecipati e condivisi che sappiano coinvolgere non solo le associazioni di categoria ma anche coloro che si intende tutelare. Non sono percorsi facili nè scontati, ma esistono chiari esempi come quello che si è concluso lo scorso luglio con l’approvazione della Legge regionale per l’Economia Solidale della Regione Emilia-Romagna.

mercoledì 15 ottobre 2014

Non sono un razzista – Enzo Costa

Non sono un razzista, ma alle mie tradizioni ci tengo. Non sono un razzista, ma al mio folklore ci tengo. Non sono un razzista, ma gli hamburger il pollo fritto e la Coca Cola fanno parte del mio patrimonio culturale, i vu’ cumprà no. Non sono un razzista, ma non siamo pronti a ricevere tutti ‘sti immigrati. Non sono razzista, ma ci mancano le strutture. Non sono un razzista, ma ci mancano i posti di accoglienza. Non sono un razzista, ma ci mancano gli spazi. Non sono un razzista, ma ci mancavano i negri. Non sono un razzista, ma se ne stiano a casa loro. Non sono un razzista, ma rubano il lavoro ai miei figli. Non sono un razzista, ma rubano il posteggio ai miei figli. Non sono un razzista, ma se sono cannibali dopo averli derubati, se li mangiano pure. Non sono un razzista, ma se sono negri qualcosa devono averlo fatto. Non sono un razzista, ma se poi loro sono infettivi? Non sono un razzista, ma se poi loro spacciano la droga? Non sono un razzista, ma è meglio se la spacciano i bianchi. Non sono un razzista, ma loro fanno concorrenza sleale. Non sono un razzista, ma non è giusto diventare miliardari vendendo accendini senza licenza. Non sono un razzista, ma invece di farli venire qua aiutiamo i loro paesi d’origine. Non sono un razzista, ma con la frase di prima mi sono messo la coscienza a posto. Non sono un razzista, ma loro la coscienza ce l’hanno? Non sono un razzista, ma non bisogna fare della demagogia. Non sono un razzista, ma Hitler, per esempio, demagogia non ne faceva. Non sono un razzista, ma sono per la sicurezza: scippato o investito va bene, però almeno nella mia lingua. Non sono un razzista, ma sono per la reciprocità: se aprono una Moschea da noi, apriamo un Billionaire da loro. Non sono un razzista, ma sono per gli antichi valori italici: basta con gli stupri praticati da stranieri fuori dalle sane, confortevoli pareti domestiche. Non sono un razzista, ma preferisco le belle, sane famiglie italiane. Non sono un razzista, ma la mia bella, sana famiglia italiana si regge su una badante filippina. Non sono un razzista, ma sono contro gli integralisti, che Dio li fulmini, o che Bush li bombardi, loro e chiunque gli somigli, così si esporta la democrazia e il Vangelo. Non sono un razzista, ma bisogna difendere le nostre radici cristiane, che Gesù è l’unico figlio del Dio Po, e gli altri son tutti negher. Non sono un razzista, ma gli zingari rubano i bambini, che loro ne hanno pochi, che l’ha detto lo stesso telegiornale che l’aveva già detto un’altra volta che poi non era vero, ma stavolta sarà vero. Non sono un razzista, ma quel bambino di Parma – se non lo rubava un italiano – prima o poi lo faceva uno zingaro. Non sono un razzista, ma i clandestini mettiamoli in galera, che prima di scappare per fame e guerra dal proprio paese bisogna fare domanda in carta da bollo. Non sono un razzista, ma basta con le persone abusive: per la mia veranda abusiva, invece, spero tanto in un bel condono.
da qui

giovedì 9 ottobre 2014

è morto Loukanikos (Salsiccia)

…Loukanikos irrompe sulla scena politica ellenica nel 2009. Il paese sta iniziandoa sprofondare nella crisi, i conti sono truccati, nel bilancio dello stato c'è una voragine. E gli arcigni controllori di Bce, Ue e Fmi mettono sotto tutela la Grecia. Alle prime manifestazioni di piazza, i fotografi della grande testate internazionali - esaminando i loro scatti - saltano sulla sedia. Di fronte ai ragazzi in nero incappucciati che si scontrano con la polizia, in mezzo alle fiamme delle molotov e del fumo dei lacrimogeni, c'è sempre un cane dal pelo raso biondo, alto. Impegnato senza paura ad abbaiare incessantemente alle forze dell'ordine, incurante dei blocchi di marmo staccati dai gradini dell'Hotel Royal Bretagne che volano in aria, del fuoco e dei manganelli.

Lì è iniziata la leggenda di Loukanikos, uno dei tanti randagi (censiti dal Comune e coccolati dalla cittadinanza) che vivono per le strade della capitale ellenica. Nessuno è mai riuscito a capire come facesse a sapere i giorni e le ore degli appuntamenti politici. Fatto sta che ogni volta che una manifestazione anti-Troika ad Atene degenerava in scontri di piazza, lui era lì. Occhio attento, abbaio rauco, pronto a scattare contro i manifestanti e scagliarsi per primo contro i cordoni della Mas, l'addestratissima polizia anti-sommossa ateniese. Salvo poi sparire nel nulla appena il fumo dei gas si diradava e in strada tornava la calma. La sua capacità di distinguere tra buoni e cattivi (dal suo punto di vista, ovvio) è mitica. Qualche mese fa è finito in mezzo agli scontri tra poliziotti in borghese impegnati a manganellare i loro colleghi che scioperavano contro i tagli agli stipendi delle forze dell'ordine. Ha esitato solo un attimo, confuso. Poi si è schierato con le zampe ben piantate per terra di fronte ai contestatori. Dando man forte alle loro ragioni con il suo valido contributo di latrati e morsi. 

In sei anni di onorata carriera come guerrigliero urbano il cane black bloc si è guadagnato anche il rispetto dei suoi avversari. Nessun poliziotto ha mai voluto colpirlo. Ad Atene - complice il mistero che circondava la sua reale vita - è rapidamente diventato una celebrità e nel 2011, a conferma di una fama che aveva ormai valicato le frontiere, un orgoglioso e fiero Loukanikos è stato immortalato da "Time" come "Dog of the year". Tanta roba, specie per un randagio abituato a campare rubando qualche osso dai cassonetti dei ristoranti sotto il Partenone, litigandoselo oltretutto con i gatti del Partenone, altri quattrozampe che quanto a coraggio e aggressività non hanno niente da invidiare a leoni e tigri.

Negli ultimi mesi Loukanikos era finito in pensione. Quasi avesse capito che la Grecia è in ripresa e le manifestazioni di piazza, una volta quotidiane, sono sempre meno. I giovani studenti del Politecnico che scortava in corteo si sono resi conto che aveva qualche difficoltà motoria. E una famiglia ha deciso di prendersene cura. Se nè andato nel sonno. E la protesta di Atene ha perso una delle sue voci (diciamo così) più forti.
da qui

martedì 7 ottobre 2014

trichechi in spiaggia

Sabato scorso durante una ricognizione aerea gli scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) – l’agenzia federale statunitense che si occupa di clima e meteorologia –hanno avvistato e fotografato 35mila trichechi, ammassati su una spiaggia non lontano dal villaggio di Point Lay, nell’Alaska nord-occidentale. Solitamente i trichechi non si spingono sulla terraferma, ma trascorrono il tempo sul ghiaccio marino – i blocchi di ghiaccio galleggiante formatisi dal congelamento delle acque superficiali – da dove cacciano molluschi e crostacei e si riposano tra uno spostamento e l’altro. Gli scienziati però non sono riusciti ad avvistare nessun blocco di ghiaccio nella zona: è normale che in estate si sciolgano per l’aumento della temperatura, ma negli ultimi anni il fenomeno è più frequente a causa del riscaldamento climatico, che rende sempre più difficile la ricomparsa dei blocchi e più facile il loro scioglimento. Secondo un rapporto della NOAA pubblicato a settembre la temperatura della superficie dell’acqua nel Nord Pacifico non è mai stata così alta per così tanto tempo…

Mentre il ghiaccio nel Mare dei Chukchi sembra aver toccato il suo minimo storico, 35.000 trichechi si sono ammassati  su una spiaggia vicino al villaggio di Point Lay, nel nord-ovest dell’Alaska. L’impressionante ammasso di trichechi del Pacifico (Odobenus rosmarus divergens) è stata fotografata per la prima volta da un aereo con a bordo  biologi che effettuano ricerche per la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa).
Chadwick Jay, un ricercatore a capo del Pacific walrus research program  dell’U.S. Geological Survey, ha detto all’Alaska Dispatch News: «E’ sicuramente un’aggregazione di buone dimensioni. E’ paragonabile ad un raduno nella stessa zona nel 2011 e a pochi altri negli ultimi anni». Jay si riferisce ai  30.00 trichechi avvistati nel 2011 lungo un Km di costa, ma questa volta sembrano ancora di più e secondo i biologi della Noaa e si tratta probabilmente del più grande raduno sulla terra ferma di questi mammiferi marini mai documentato  nel nord-ovest dell’Alaska. Eppure, secondo i biologi, i trichechi devono  affrontare gradi pericoli quando si affollano a terra. In questo periodo dell’anno questi enormi pinnipedi nel Mar dei Chukchi sono generalmente femmine e giovani e i trichechi più piccoli rischiano di essere travolti e uccisi durante le fughe precipitose dell’intero branco di fronte a un predatore. Inoltre le spiagge sono lontane dai luoghi migliori per alimentarsi che  normalmente sono molto più a largo, sulla scarpata della piattaforma continentale. Per questo i trichechi utilizzano il ghiaccio galleggiante come piattaforme per riposarsi e prendersi cura dei loro cuccioli e poi per andare a scovare conchiglie e molluschi sul fondo del mare…

Un tricheco medio.
Un tricheco come tanti.
Un tricheco qualunque.
Usate pure l’espressione che più vi aggrada per pensare al sottoscritto.
Ciò che conta è che sia generalizzante al massimo.
Perché è la verità, davvero.
Non sono nulla di speciale.
Faccio tutto quello che i trichechi fanno, ogni giorno.
Dal dormire al russare, dal nutrirmi al defecare, dal grattarmi le parti basse sino a immaginare di essere quello che non sono.
Nel mio caso un tostapane, ma non lo dite in giro, altrimenti mi rimandano in clinica.
Banale, lo so...

sulla pizza

Parte col botto la nuova stagione della trasmissione televisiva Report di Raitre che ha dedicato la prima puntata alla pizza in Italia.
La polemica era già esplosa con i trailer di anteprima che spingevano soprattutto sul tema della cancerogenicità provocata dalla cottura nei forni a legna , con immediata levata di scudi a difesa dell’orgoglio patrio.
In realtà molti sono stati gli argomenti trattati dall’inchiesta che ha avuto ospite a sorpresa il direttore di Scatti di Gusto, Vincenzo Pagano, in qualità di esperto degustatore di pizza.
Al netto del taglio polemico tipico di Report, che ha dato più spazio alle interviste in cui i pizzaioli hanno dimostrato poca preparazione o ai locali dove la qualità dei piatti non era eccelsa, possiamo segnare 10 punti che ci aiutano a valutare se la pizza che ci stanno servendo è buona…

…Che pizza mangiamo? Come viene cotta? Quali ingredienti? La partenza è bruciante e il servizio di Bernardo Iovine ci fa vedere le pizze annerite nelle basi dai forni poco puliti. Dischi di farina bruciacchiati, scope sporche di acqua nera dopo un solo passaggio sul forno e gli esperti che parlano della nocività, della presenza di idrocarburi, qualcuno si spinge oltre. "È come mangiare la pizza stando dietro un camion col motore acceso". Sintetizzando: i forni a legna e la farina depositata dalle pizze stesse sviluppano fuliggine. Che finisce sulla pizza cotta. Ed è alta la nocività. 
Ma la disamina è penetrante, va oltre. Come per i cartoni utilizzati per l'asporto. La Gabanelli è tranchant. Solo il cartone che resta bianco dopo averlo un po' scorticato è l'unico buono per il trasporto delle pizze. Guardate d'ora in poi se il colore del cartone è marrone o grigio. Questi due colori non vanno bene. Li comprano perchè costano meno. E denunciate quelli che li usano…

mercoledì 1 ottobre 2014

L'oncologo Veronesi: «Il vero rischio è l'alimentazione, non lo smog»

L’inquinamento atmosferico provoca solo una piccola parte dei tumori, il vero rischio è legato all’alimentazione. Le percentuali parlano chiaro: allo smog si possono imputare dall’1 al 4% dei tumori, all’alimentazione ben il 30%. È l’oncologo Umberto Veronesi, intervenuto al convegno sull’informazione ambientale organizzato dal ministero dell’Ambiente, a lanciare l’allarme sugli alimenti, colpevoli, a suo dire, di introdurre nel nostro organismo elementi cancerogeni. A salire una volta ancora sul banco degli imputati sono le farine di mais e il latte contaminati dalle aflatossine, così come la carne. Mentre a salvarsi dall’accusa parrebbero essere i prodotti ogm come il mais, che rispetto al cugino coltivato tradizionalmente avrebbe un contenuto di 3-10 volte minore di tossine cancerogene. 
L’ex ministro della Sanità spiega, illustrando i grafici, che in una ricerca su 77 diversi tipi di farina di mais per la polenta, il contenuto di aflatossine è risultato fuorilegge nel 70% dei casi. Mentre, in prove in campo, la contaminazione da aflatossine è più bassa da 3 a 10 volte per il mais ogm rispetto a quello tradizionale e a quello biologico, perché – spiega il clinico- le aflatossine e le altre micotossine cancerogene si sviluppano all’interno della minuscola galleria scavata nei chicchi di mais dalla piralide, un insetto che non attacca la varietà appositamente prodotta nei laboratori biotech. 
Insomma, «mangiare poco è la prima difesa. Più si mangia, più si ha il cancro», anche se – osserva Veronesi – «frutta e verdura sono fortemente protettivi, e mangiandone si introducono meno sostanze cancerogene». Infine, per il vegetariano Veronesi, «più carne si mangia, più c’è rischio di tumori intestinali».
[da corriere.it del 15 marzo 2005]

Guarisce dal cancro al colon cambiando dieta:frutta e verdura lo salvano
  
Un cancro aggressivo al colon peggiorato e inoperabile: ad aprile di quest'anno la notizia che, ormai, non c'era più niente da fare. Eppure in quattro mesi, semplicemente cambiando la propria dieta, è riuscito a liberarsi della malattia: è quello che è successo ad Allan Taylor, settantottenne di Middlesbrough (Regno Unito) che, cercando su internet, ha messo a punto un nuovo regime alimentare eliminando carne rossa e latticini e sostituendoli con 10 porzioni di frutta e verdura crude al giorno, e prediligendo l'utilizzo di curry, orzo selvatico in polvere, semi di albicocca e integratori di selenio.

Dopo un intervento e tre mesi di chemioterapia per combattere contro il cancro al colon che lo aveva colpito, Taylor aveva ricevuto la notizia sul peggioramento delle sue condizioni di salute ad aprile: il tumore si era infatti diffuso anche all'intestino tenue. Seguì una diagnosi nefasta:cancro inoperabile. Poi il cambio di alimentazione che, spiega Taylor, lo avrebbe preservato da morte certa: «Ero determinato a mantenere un atteggiamento positivo - ha raccontato il settantottenne al 'Sunday Mirror' - e ho deciso di trovare da solo una soluzione, digitando sui motori di ricerca del web l'espressione 'cure per il cancro del colon'». All'inizio di agosto la notizia della guarigione: gli esami strumentali non mostravano più alcuna traccia delle anomalie riscontrate nell'intestino tenue.