venerdì 13 giugno 2014

povera Enel, senza le dighe del Cile

Il governo cileno ha rigettato la valutazione d'impatto ambientale relativa alle cinque grandi dighe che sarebbero dovute sorgere sui fiumi della patagoni Pascua e Baker. Il progetto del consorzio Hidroaysen, guidato con una quota maggioritaria dalla controllata Enel Endesa, viene di fatto cancellato dopo oltre sei anni di proteste e campagne nazionali e internazionali, cui molte realtà della società civile italiana -tra cuiRe:Common, che due settimana fa aveva presentato il rapporto "Killing Patagonia"- hanno partecipato sin dalle prime battute.
Il nuovo esecutivo guidato da Michelle Bachelet, subentrato a quello di Sebastian Piñera, che nel 2011 aveva dato un parziale nulla osta all'opera, ha motivato la sua decisione sulla base di una serie di questioni di carattere ambientale non risolte, nonché problematiche legate al reinsediamento delle popolazioni locali.
Il progetto aveva un costo stimato di circa sette miliardi di dollari. Nonostante la stessa Bachelet durante il suo primo mandato presidenziale (2006-2010) avesse mantenuto una posizione alquanto ambigua, se non proprio favorevole, nella campagna elettorale dello scorso autunno si era dichiarata contraria. Che per gli impianti idroelettrici in Patagonia tirasse una brutta aria lo aveva compreso anche Endesa Cile che, secondo quanto riportato dal quotidiano di Santiago El Mercurio, nel suo documento bimestrale agli investitori a fine 2013 aveva depennato le dighe di HidroAysén dalla lista dei progetti prioritari…

È stata una notte di grandi festeggiamenti nella regione cilena dell'Aysén. Dopo sei anni di lotte, delusioni, proteste e repressione finalmente è stato raggiunto il risultato che i gruppi locali e della società civile internazionale auspicavano: le cinque grandi dighe che sarebbero dovute sorgere sui fiumi patagoni Pascua e Baker non vedranno mai la luce. Il progetto del consorzio Hidroaysen, guidato con una quota maggioritaria dalla controllata Enel Endesa, è stato di fatto bocciato dal comitato ministeriale chiamato a esprimersi sulla valutazione di impatto ambientale, dichiarata inadeguata. Il nuovo esecutivo guidato da Michelle Bachelet, subentrato a quello di Sebastian Piñera, che nel 2011 aveva dato un parziale nulla osta all'opera, ha motivato la sua decisione sulla base di una serie di questioni di carattere ambientale non risolte, nonché problematiche legate al reinsediamento delle popolazioni locali. Il progetto aveva un costo stimato di circa sette miliardi di dollari. Nonostante la stessa Bachelet durante il suo primo mandato presidenziale (2006-2010) in merito avesse mantenuto una posizione alquanto ambigua, se non proprio favorevole, nella campagna elettorale dello scorso autunno si era dichiarata contraria...

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