venerdì 3 gennaio 2014

Orti urbani, energia dalla terra - Milena Ortalda

La crisi riduce il budget per la spesa? Niente paura, o meglio: facciamoci coraggio e rimbocchiamoci le maniche, perché il ritorno alle pratiche dell’orticoltura potrebbe essere una via di salvezza. Lo sapevano bene le generazioni che ci hanno preceduti: fino a non molti decenni fa, infatti, il rapporto tra città e campagna passava quotidianamente attraverso la produzione e distribuzione dei prodotti dell’orto, che non arrivavano da lontano ma direttamente dalle aree periurbane, dove spesso abbondavano campi, spazi e famiglie che coltivavano la terra per il proprio sostentamento e per vendere le derrate prodotte in eccesso.
Se abbiamo più di cinquant’anni e andiamo un po’ indietro con la memoria, cercando di ricostruire l’immagine delle città della nostra infanzia, non faremo fatica a ricordare che le periferie inframmezzavano villette ottocentesche e sporadici palazzoni un po’ sperduti nel nulla, ma anche vecchie cascine, rogge delimitate da filari di salici e pioppi, orti più o meno grandi e addirittura campi coltivati, per non parlare di mandrie e greggi che sfruttavano per pascolare il molto terreno ancora libero dall’urbanizzazione.
Nei decenni successivi, via via l’orto e la coltivazione della terra diventavano simbolo di una origine sociale inferiore da cui emanciparsi senza compromessi, anche se negli Stati Uniti già emergevano movimenti di “ritorno alla terra” che talvolta vedevano anche il coinvolgimento, forse più snobistico che consapevole e sicuramente non mosso da realismo e necessità, del personaggio celebre o della star hollywoodiana di turno. Assistiamo ora invece a un fenomeno più diffuso e sincero, sia pure spesso fermo a livello di interesse che non arriva ad evolversi in una pratica costante e continuativa, per quanto sia ormai evidente che saper gestire e far produrre (aspetti non banali) un pezzetto di terra, non necessariamente grande, può davvero costituire una variabile significativa nell’economia di una famiglia: per non parlare dell’opportunità di conoscere meglio ciò che si mangia, da dove proviene, come e quando lo si produce…
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