giovedì 8 marzo 2012

ladri d'Africa

Immaginate la Svizzera interamente ricoperta di piantagioni per alimentare auto e centrali termo-elettriche: 4 milioni di ettari. E' il totale delle terre oggi sfruttate dagli occidentali in Africa per produrre biocarburanti…
…Il totale in ettari da noi calcolato è semplicemente la punta dell'iceberg. Non tiene infatti conto dei progetti locali e delle vaste concessioni ottenute dalla Cina, assetata di energia rinnovabile per sostenere la sua rapida crescita economica. Alla Repubblica Popolare si aggiungono, inoltre, i colossi agro-energetici brasiliani e malesi: tutti in pole position in Africa e pronti a esportare nel Vecchio continente non appena l'aumento del prezzo del petrolio e l'abolizione dei dazi Ue sui prodotti agricoli locali renderà gli agro-combustibili altamente competitivi…

Con una superficie coltivabile di 29,4 milioni di ettari (pari a un terzo del suo territorio), la Tanzania ambisce a diventare uno dei principali produttori di biocarburanti in Africa. Ha già firmato decine di concessioni per oltre 400mila ettari, un terzo dei quali concentrati nelle mani di tre grossi investitori esteri: l'olandese Bioshape e l'inglese Sun Biofuels, dedicate alla jatropha; la svedese Sekab, intenzionata invece a coltivare canna da zucchero per il bioetanolo. Una dopo l'altra queste società si sono ritrovate sull'orlo della bancarotta, interrompendo le attività e lasciando dietro di sé miseria e disperazione.
  
I contadini avevano ceduto la terra di proprietà del loro loro villaggio in cambio della promessa di assunzione. Ora hanno perso sia il diritto a coltivare i campi sia l'agognato posto di lavoro. Infatti, in base alla legge della Tanzania, per essere affittata a un privato la terra collettiva deve prima essere trasferita al governo centrale che ne diventa proprietario per sempre e ci può fare quello che gli pare. Senza contare che parte della foresta è stata tagliata per far posto alle colture di jatropha. Ai locali è rimasta solo una manciata di euro di indennizzo su cui le autorità locali, complici degli investitori, hanno ricavato una percentuale di "cortesia".

A nulla valgono le linee-guida nazionali sui biocarburanti adottate nel 2010 in risposta all'ondata di proteste nelle campagne della Tanzania contro il far west dell'agro-energia. I nuovi standard sociali prescritti dal governo non hanno alcun valore legale. Gli investitori hanno la facoltà di rispettarli o meno. Anche a livello Ue la sostenibilità sociale è solo facoltativa. Solo quella ambientale è obbligatoria. Per cui, in linea di principio, i biocarburanti possono essere immessi sul mercato europeo nonostante provochino espulsioni in massa e compromettano la sicurezza alimentare dei locali. "Purtroppo non possiamo introdurre criteri sociali per valutare la conformità delle materie prima importate dai paesi terzi poiché ciò sarebbe contrario alle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio", spiega un funzionario della Commissione europea…

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