domenica 20 novembre 2011

Dzanga Sangha

Le ferite della foresta si vedono solo dall'alto. Il Cessna a sei posti che decolla da Yaounde, la capitale del Camerun, impiega due ore e mezza per sorvolare il bacino del Congo fino alla riserva di Dzanga Sangha, 50 chilometri al di là del confine, nella Repubblica Centrafricana. 


Sulle mappe questo spazio è segnato in verde perché è considerato una massa di vegetazione compatta, una salda barriera tra le megalopoli in espansione e i deserti che avanzano. Ma le mappe mentono.


Appena l'aereo raggiunge i 600-700 metri di quota, appaiono le lacerazioni che sfregiano il tessuto fitto degli alberi. Sono piccole strade dall'aria innocua, piste in terra battuta costruite per catturare qualche briciola di un tesoro naturale che appariva infinito. Anno dopo anno però si sono moltiplicate fino a formare una ragnatela. 


Ogni via ha generato grappoli di case e attorno alle case si sono allargate radure in cui la protezione umida offerta dal mantello verde ha ceduto il passo alla morsa arida del sole. Squarci che di tanto in tanto si dilatano: sono segherie che hanno rubato altro spazio chiedendo impianti di produzione elettrica, che a loro volta hanno bisogno di altre strade per far passare i camion, i materiali, gli operai.


"Questi operai spesso si trasformano in disperati all'assalto della foresta", spiega Bryan Curran, un antropologo che lavora nella riserva di Dzanga Sangha. "Nel villaggio qui vicino, a Bayanga, ormai ci sono 4 mila persone: per l'80 per cento vengono da fuori. Erano stati chiamati da una società che aveva deciso di aprire uno stabilimento di lavorazione del legno: nel 2005 ha chiuso e loro si sono trovati senza niente. Cosa pensa che abbiano fatto? Si sono procurati un'arma e hanno cominciato a cacciare di frodo"...
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..."C'è gente che quando lo vede per la prima volta si mette a piangere per l'emozione", racconta Kathryn Shutt, la primatologa che segue il progetto. "Ma riuscire ad arrivare così vicino a questo colosso che si arrampica agile fino a 30 metri è un privilegio che va conquistato sul campo perché nella foresta fitta di pianura bisogna avvicinarsi molto prima di vedere gli animali e l'impatto è forte: all'inizio scappano velocissimi o reagiscono in maniera molto aggressiva. Poi, a poco a poco, riusciamo a conquistare la loro fiducia e diventano più tranquilli, anche se una carica improvvisa non si può mai escludere. Perciò a ogni persona che ci accompagna viene spiegato cosa fare in questi casi: restare immobili guardando in basso".


Questi giganti della foresta sono una specie ad alto rischio estinzione: decenni di deforestazione massiccia e di bracconaggio, con le zampe dei gorilla vendute come portacenere, hanno lasciato il segno. Negli ultimi dieci anni sono scomparsi 3 gorilla su 4: arretrano assieme alla foresta e, continuando di questo passo, entro vent'anni rimarrà solo 10 per cento del loro habitat...
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