sabato 23 luglio 2011

patata, cibo del futuro

Si è fatto molto sarcasmo sul 2008 proclamato dall'Onu «anno internazionale della patata». L'inflazione cervellotica delle dediche si presta a facili ironie e a maliziosi interrogativi su chi ha avuto la brillante idea (in questo caso, il Perù che produce un centinaio di specie diverse di patate). E invece con i prezzi dei cereali alle stelle, «l'umile tubero» - come lo definisce la Fao - si sta prendendo la rivincita.
Solo una frazione della produzione di patate finisce sui mercati internazionali. Per questo il loro prezzo risente poco o niente delle tensioni dell'offerta e della domanda globali o delle puntate finanziarie sui futures. A determinare il prezzo sono i costi locali di produzione. Basterebbe questo per capire perché la Fao raccomanda la patata come scudo protettivo dei piccoli agricoltori a basso reddito e dei consumatori dei paesi poveri. In più, è un concentrato di carboidrati, con l'aggiunta di proteine, vitamina C e potassio, che sfama. Cresce più velocemente dei cereali, ha bisogno di meno terra e di meno acqua, l'85% della pianta è buono per l'alimentazione umana (contro il 50% dei cereali). Ecco perché la patata si merita il titolo di «cibo del futuro»...

In Perù, ormai da due anni, il 30 maggio si festeggia la patata, alimento tipicamente andino il cui centro di origine è stato individuato negli anni trenta dal botanico russo Nicolaj Vavilov. Ma l'umile tubero è molto più antico, risale a 8000 anni fa, e lo conferma anche una recente ricerca di David Spooner, del Dipartimento di agricoltura statunitense: l'anno scorso - dopo uno studio su 261 varietà silvestri e 98 varietà coltivate - ha confermato che l'area di origine del Solanum tuberosum si trova tra le regioni di Cuzco e Puno, e che le prime coltivazioni di patate erano situate nei dintorni del lago Titicaca, all'attuale frontiera tra Perù e Bolivia. Al tempo delle culture pre-ispaniche, il tubero giocò un ruolo importante nell'alimentazione indigena e popolare. I primi a addomesticare varietà di patate selvatiche furono le comunità andine di Puno, che riuscirono a disidratare i tuberi per trasformarli in polvere di chuño e poter così conservare il prezioso alimento anche per lunghi periodi.
Ma il significato della patata, nel mondo pre-ispanico, trascende da quello economico o nutrizionale per trasformarsi in un elemento che spiega la cosmovisione andina e lo sviluppo di quella società. All'epoca il tubero era così presente nella vita quotidiana degli indios che, tra le unità di tempo impiegate, una addirittura equivaleva alla durata di cottura di una pentola di patate. Ciononostante l'abitudine alimentare di mangiare patate in Perù, col passare dei secoli, è molto diminuita, fino ad arrivare ad un consumo annuale procapite di 87 chili. Così ora festeggiare il tubero con tanto di decreto istituzionale è un modo per promuoverne un consumo maggiore e prepararsi alla celebrazione dell'anno internazionale della patata, indetto per il 2008 dalla Fao, l'Organizzazione dell'Onu per l'agricoltura e l'alimentazione. «Ospite speciale» sarà non a caso il Perù, perché è il paese andino che ospita l'Arca dei tuberi, il Cip (Centro internacional de la papa), dove se ne conservano 3.900 distinte varietà, delle 7.500 esistenti in tutto il mondo, di cui 1.950 sono silvestri. Una riserva strategica per l'agricoltura e l'alimentazione mondiale. Che si presti a mille fantasie dell'arte culinaria infatti non v'è dubbio, ed è anche ricca di carboidrati, amido e fibre. Ma non è solo per questo che la patata sta diventando la protagonista di tanti spot pubblicitari, anche da noi...


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